Scuola Calcio

“SCUOLA CALCIO” FOOTBALL ACQUAVIVA

“L’accademia dei biancoblu”

Il Settore Giovanile delle società di calcio ha lo scopo di favorire la formazione dei giovani calciatori e su questo aspetto la Football Acquaviva ha fondato sin dal principio la sua missione societaria.

Dal 2016, anno di fondazione del Club biancoblu, la Football Acquaviva in pochi anni si è affermata come una delle realtà sportive più organizzate e in crescita del territorio. Il costante aumento dei propri atleti tesserati, in pochi anni salito fin oltre i 100 dal settore giovanile alla Prima Squadra, conferma la capacità della Società di seguire un percorso di crescita graduale ma costante.

Negli ultimi cinque anni la particolare attenzione verso la formazione di giovani calciatori ha portato risultati importanti per il Club, che può già vantare un considerevole numero di giovani calciatori che dal Settore Giovanile sono giunti a indossare la maglia biancoblu della Prima Squadra.

Ma questo non è il solo scopo della Football Acquaviva, che si pone anche degli obblighi morali nei confronti dei propri tesserati, in modo particolare verso i più piccoli della famiglia biancoblu. La crescita di questi ultimi deve avvenire in modo sano e secondo seri principi morali per formare non solo dei buoni calciatori ma soprattutto delle persone corrette, leali e responsabili, capaci di riconoscere non solo le regole del campo di calcio ma anche quelle poste dalla società in cui si vive.

Su questi principi e valori educativi fondamentali la Football Acquaviva fonda tutto il proprio lavoro, in modo particolare quello della Scuola Calcio, con obiettivo di sviluppare percorsi formativi, educativi, motori e tecnici dedicati a tutti i bambini e le bambine dai 4 ai 13 anni.

I VALORI DELLA SCUOLA CALCIO FOOTBALL ACQUAVIVA

INDIRIZZO EDUCATIVO

L’insegnamento del gioco del calcio offre agli adulti che seguono i giovani calciatori varie opportunità di “insegnare lezioni di vita” ed esempi positivi da imitare. I ragazzi che vanno al campo hanno bisogno di “divertirsi ed imparare”.

Questi bisogni devono essere tenuti in considerazione da dirigenti, tecnici e genitori. Il solo “fare calcio” non è educativo. Tutti i momenti vissuti con i compagni sono altamente formativi: gioiosi ma anche ricchi di aspetti di crescita personale.

L’esperienza calcistica in alcuni momenti investirà il bambino in modo anche più intenso di quella scolastica coinvolgendolo nella sua globalità psico – fisico – cognitiva.

I giovani calciatori hanno le seguenti opportunità educative:

  • rispettare regole, avversari e compagni, sviluppare l’attenzione, rendersi utile;
  • dare il meglio di sé, non sentirsi mai arrivati;
  • saper accettare i limiti propri e dei compagni;
  • capire l’importanza dell’umiltà e della generosità.

IL VALORE FORMATIVO DEL GIOCO

Nella formazione dell’uomo il gioco viene prima del lavoro: ha grande valore nello sviluppo della personalità ed alto significato pedagogico. Il gioco inteso come piacere, divertimento, espressione libera e ludica della personalità ed è un bisogno primario del ragazzo.

Il valore formativo del gioco realizza e sviluppa alcuni fondamentali obiettivi educativi:

  • favorisce la socialità e la collaborazione con i compagni ed il rispetto degli avversari;
  • permette al ragazzo di manifestare la propria “reale e spontanea” personalità;
  • favorisce lo sviluppo delle capacità motorie;
  • sviluppa le capacità intellettive, richiedendo continui adattamenti a nuove situazioni (processo di formazione del pensiero tattico).

Facendo giocare i ragazzi, l’istruttore/educatore compie una parte essenziale nella formazione globale del giovane.

AGONISMO, VIOLENZA, FAIR PLAY

La competizione è il confronto come occasione di misurare le proprie abilità, rapportandole a quelle degli altri. L’agonismo sfrutta la competizione per manifestare un desiderio interiore, spesso esagerato, di raggiungere l’altro atleta impegnato nel confronto. Gli eccessi si trasformano in fatti negativi come l’inganno, la scorrettezza, la provocazione dell’avversario. Da questo nasce il bisogno di imporsi delle regole etiche e morali di comportamento, avallate dalla FIFA che caratterizzano la pratica dello sport giovanile. L’agonismo stimolato con equilibrio e naturalezza è una componente non trascurabile: il bambino coinvolto nel gioco, si impegna già per dare il meglio di sé.

È poi compito dell’istruttore stimolare in modo naturale la competizione, intervenendo se si superano dei livelli considerati pericolosi.

LE REGOLE DEL FAIR – PLAY

  • Fare di una gara un momento privilegiato di incontro e di festa con i coetanei.
  • Adattarsi alle regole ed allo spirito del gioco.
  • Rispettare gli avversari così come vogliamo sentirci rispettati.
  • Accettare le decisioni dell’arbitro sapendo che, come i giocatori, ha diritto all’errore anche se fa di tutto per non commetterlo.
  • Evitare la cattiveria, le aggressioni nelle azioni di gioco e nelle parole.
  • Non usare artifizi e inganni per ottenere il successo.
  • Tenere un atteggiamento dignitoso ed equilibrato nella vittoria come nella sconfitta.
  • Prestare soccorso a ogni giocatore ferito o comunque favorirlo.
  • Essere un ambasciatore della lealtà sportiva, perseguendo con il proprio comportamento i principi elencati.

 

IL TALENTO 

Il talento è una attitudine o un’abilità naturale che permette ad un soggetto di primeggiare e di differenziarsi dalla media in un’arte, professione, scienza o attività sportiva. Nel calcio si possono individuare vari tipi di talento: atletico, tecnico, tattico, agonistico e della personalità. Quando in un ragazzo si trovano associate più di una di queste qualità, il giovane si trova in possesso di un potenziale più alto.

Ma chi è il “talento calcistico”? È colui che manifesta facilità nel rapportarsi con la palla e riesce a “leggere” prima degli altri l’evolversi del gioco.

Nel calcio giovanile si parla di talento dopo i quattordici anni, quando si sono consolidate anche le abilità atletiche, la personalità, lo spirito agonistico e la fantasia.

L’allenatore non deve trattare il giocatore come un fenomeno o pretendere che ogni volta che tocca il pallone faccia una giocata vincente; i dirigenti e la famiglia devono essere coscienti ma non dovranno riversare troppe aspettative né caricare di eccessive responsabilità il ragazzo.

Il giovane talento deve imparare a mettersi a disposizione della squadra le proprie qualità.

I GENITORI 

Il giovane che sceglie di impegnarsi in qualsiasi sport merita rispetto e stima da parte dei genitori i quali lo dovranno stimolare ed incoraggiare, facendo comprendere che lo sport è divertimento, voglia di stare insieme, senza gelosie o false ambizioni, di ostacolo alla crescita sportiva e di individuo.

Tra i sei ed i quattordici anni, il genitore di solito assiste alla pratica calcistica del figlio. A volte i genitori sono protagonisti di situazioni spiacevoli, che creano problemi ed ostacoli per una attività sportiva serena.

Chi osserva attentamente un incontro di settore giovanile si rende conto che il vero protagonista delle partite è il genitore: è il più carico di tensioni, si dispera se la squadra sbaglia un tiro in porta, esulta per la segnatura di una rete. Il bambino rimuove quasi subito l’errore o la sconfitta, dispiaciuti solo per l’idea di dover ascoltare una “predica” quando arriverà a casa. Al genitore può capitare inconsciamente di vedersi realizzato attraverso il proprio figlio, proiettando su di lui i desideri che non è riuscito a realizzare da giovane. I genitori sono convinti di farlo per il bene dei figli ma possono arrivare a condizionare negativamente il rendimento, alterando lo sviluppo psicologico del ragazzo.

L’attività sportiva è uno dei mezzi migliori per maturare e crescere: lo sport spinge il giovane ad impegnarsi, a migliorare, a mettersi alla prova, stringendo rapporti sociali, comprendendo il sacrificio e l’umiltà, assumendosi delle responsabilità e diventare membro di una collettività dove esistono diritti e doveri.

L’esperienza calcistica in alcuni momenti investirà il bambino in modo anche più intenso di

quella scolastica coinvolgendolo nella sua globalità psico – fisico – cognitiva.

I giovani calciatori hanno le seguenti opportunità educative:

  • rispettare regole, avversari e compagni, sviluppare l’attenzione, rendersi utile;
  • dare il meglio di sé, non sentirsi mai arrivati;
  • saper accettare i limiti propri e dei compagni;
  • capire l’importanza dell’umiltà e della generosità.

LE “REGOLE” PER IL GENITORE DEL GIOVANE CALCIATORE

Stimolare ed incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell’attività sia fatta dal bambino.

Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al bambino arrivino dei segnali coerenti dagli adulti di riferimento.

Lasciare che il bambino sia libero di esprimersi in allenamento ed in gara, educandolo così all’autonomia.

Non esprimere giudizi sui compagni o fare paragoni: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare tra i grandi ed i piccoli.

Evitare i rimproveri a fine gara. Dimostrarsi invece interessati a sapere come vive i vari momenti della gara ed evidenziare eventualmente i miglioramenti. Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative adeguate alle sue capacità.

Offrire più opportunità per una educazione sportiva globale: rispetto degli impegni e delle priorità (scuola), dei propri indumenti, degli orari, dei compagni, delle autorità, dell’igiene personale. Il genitore deve cooperare con l’allenatore per raggiungere questi obiettivi.

Essere presenti non solo fisicamente nei momenti di difficoltà: incoraggiare, drammatizzare, far capire gli aspetti positivi, salvaguardare il benessere psicologico del bambino.

Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto al risultato. Saper perdere è molto più difficile ed importante di saper vincere. Nello sport e nella vita non ci sono solo vittorie e dopo una caduta è importante sapersi rialzare.

L’ABBANDONO PRECOCE

Con l’avvento delle Scuole Calcio si sono anticipati rispetto al passato i “tempi di reclutamento” ma si verificano anche più casi di abbandono precoce dell’attività.

Le cause fondamentali dell’abbandono precoce per motivi psicologici sono da ricercare tra:

– cattivo rapporto allievo/allenatore;
– pochezza del gruppo sportivo;
– emarginazione subita rispetto al gruppo dei pari età;
– mancanza di successi, gratificazioni, progressi sportivi, con il relativo senso di frustrazione dell’autostima;
– attuazione da parte degli istruttori della specializzazione precoce.

L’attività giovanile è caratterizzata dalla forma ludica, polivalente ed educativa. I giovani

calciatori non devono migliorare solo l’aspetto tecnico, tattico, atletico ed agonistico ma deve essere curato anche lo sviluppo delle capacità cognitive, emotivo – affettive e motorie.

È fondamentale che si rispettino la passione ed i sogni dei ragazzi, i quali si abitueranno a rendersi conto da soli delle differenze motorie rispetto ai compagni e da soli cercheranno un nuovo contesto per proseguire la loro attività preferita. In questo caso al ragazzo che manifesta la volontà di abbandonare ed ha militato fin da bambino nella stessa squadra, la società potrà offrire un posto da aiuto – allenatore o gli potrà fornire supporti per seguire l’attività dei bambini più piccoli.

LA CARTA DEI DIRITTI DEI BAMBINI NELLO SPORT

Lo sport, per i bambini, è un dovere, per mantenersi in forma, scaricare la tensione e crescere sani e forti. Ma, ancora prima che un dovere, lo sport è un diritto.

A tale proposito, l’Unesco, nel lontano 1992, ha redatto, a Ginevra, La Carta dei diritti dei bambini nello sport, che, in 11 punti, regolamenta le attività sportive per bambini.

Rispettando l’idea di sport come divertimento, i primi due punti: “Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino” e “Diritto di fare lo sport”, insistono sul fatto di non rendere l’ambiente sportivo troppo serio, perché, da bambini, esso è fondamentalmente un gioco. Regole troppo severe e rigide, infatti, rischiano di far abbandonare l’attività sportiva già intorno ai 12-13 anni.

Il terzo punto è particolarmente significativo: “Diritto di beneficiare di un ambiente sano”, sia dal punto salutistico, bandendo ogni tipo di doping o sostanze vietate, che dal punto di vista dei comportamenti da tenere tra giocatori, avversari, giudici e arbitri. Inoltre, come recita il quarto punto: “Diritto di essere trattato con dignità”. I bambini e i ragazzi, infatti, non sono inferiori agli adulti e non si deve instaurare in loro un senso di frustrazione, molto pericoloso a livello psicologico.

Essendo lo sport motivo di crescita personale e atletica, i ragazzi hanno “Diritto di essere allenati e circondati da persone qualificate”.

I punti 6, 7 e 8 sottolineano come sia un diritto, per i giovani, di praticare attività adeguate ai propri ritmi, con gare giuste per loro, misurandosi con ragazzi che abbiano la stessa probabilità di successo. È molto importante, per i bimbi, infatti, non sentirsi impotenti o, allo stesso modo, non sentirsi imbattibili.

Il punto 9 ribadisce il “Diritto di praticare il proprio sport nella massima sicurezza”, in strutture sicure, realizzate nel rispetto delle normative vigenti, per non rischiare danni temporanei o, peggio, permanenti. L’allenamento, inoltre, deve essere ben equilibrato offrendo ai bambini il “Diritto di avere tempi di riposo” e, soprattutto, il “Diritto di non essere un campione”.

  1. Diritto di praticare attività motoria o fare sport
    I genitori devono avviare il bambino all’attività motoria per i noti vantaggi psicofisici, che non sono più recuperabili se si inizia tardivamente. Il bambino deve poter scegliere, sperimentare, cambiare gli sport che desidera. L’UNESCO raccomanda che almeno un sesto dell’orario scolastico settimanale sia dedicato all’attività motoria. Qualunque siano le condizioni fisiche e caratteriali dei bambini, questi non devono essere emarginati dal loro diritto di praticare una qualsiasi disciplina sportiva; l’adulto non può negare loro questa possibilità, anzi deve offrire tutte le condizioni adattabili a livelli e bisogni.
  2. Diritto di giocare e divertirsi
    L’allenatore e i genitori devono proporre come obiettivi finali: il divertimento, il miglioramento psicofisico e l’educazione, non l’agonismo e le aspettative di vittoria, che creano stress, tensione e spesso l’abbandono precoce dell’attività sportiva.
  3. Diritto di beneficiare di un ambiente sano
    Un bambino ha diritto a praticare in un ambiente non solo igienicamente a norma, con strutture che non siano fonti di pericoli, con possibilità di veloce e competente assistenza in caso di infortuni; ma soprattutto privo dell’esagerato business correlato al doping, alle scommesse e al precoce stress da risultato.
  4. Diritto di essere allenato da persone competenti e qualificate per le varie fasce di età
    Occorre impegnarsi per accrescere la preparazione degli operatori sportivi, di allenatori ed istruttori competenti e formati adeguatamente, per evitare il rischio di esercizi sbagliati o che arrecano sovraccarico delle strutture in crescita o creano problemi psicologici.
  5. Diritto di essere trattato con dignità e rispetto
    Gli adulti non devono usare autoritarismo, minacce, urla, esercizi di punizione e quant’altro. Incoraggiare, fornire il suggerimento tecnico giusto per migliorare e sdrammatizzare l’eventuale errore sono tra i metodi di comunicazione tali da ottenere maggiori risultati, evitando che il bambino si senta frustrato, deluso e incapace.
  6. Diritto di beneficiare di un giusto riposo
    Lo studio, la malattia, la crescita richiedono dei carichi di attività motoria diversi e gli allenamenti e le pause devono tener conto dei tempi di recupero sia fisici sia mentali; questo significa non eccedere con carichi di lavoro inadatti all’età del bambino.
  7. Diritto di praticare sport in sicurezza per la propria salute
    La competizione va riservata ai bambini in perfette condizioni psicofisiche e che lo desiderino, senza pressioni esterne e con il rispetto del trattamento adeguato e il tempo giusto di guarigione e riabilitazione dai traumi, della gradualità della qualità e della quantità del carico di lavoro. Obbligatorio il certificato di stato di buona salute fisica per le attività non agonistiche che lo richiedano ed il certificato di idoneità agonistica per gli sport agonistici dietro indicazione delle rispettive Federazioni sportive per quanto riguarda l’età di inizio.
  8. Diritto di competere con giovani di pari capacità
    Il confrontarsi con avversari non omogenei per età cronologica, per età ossea, per maturità puberale e, negli sport di contatto, per peso, non può che dare al bambino o la percezione di essere imbattibile oppure di essere inferiore e incapace; quindi oltre ad essere dannoso sotto l’aspetto educativo, non offre la possibilità di misurarsi con le proprie reali potenzialità.
  9. Diritto di partecipare a competizioni adatte
    Le competizioni sportive si devono adattare ai bambini in rapporto allo spazio ed al tempo e dovrebbero essere intraprese con spirito di aggregazione, evitando la pressione psicologica trasmessa dagli adulti, trasformando lo sport praticato dal bambino nell’imitazione dello stesso svolto dagli adulti.
  10. Diritto di pari opportunità
    Tutti i bambini devono poter giocare senza essere esclusi per qualsivoglia motivo e senza tenere conto del risultato agonistico, che potrà essere ricercato più avanti nel tempo.
  11. Diritto di non essere un campione
    Non buttar via il sogno di diventarlo, ma non agire come se già lo fossi!
    Non sempre il bambino può essere un campione o, se lo è, continuare a mantenere elevati livelli. È essenziale che comprenda che pratica sport per i vantaggi che arreca e per divertirsi. Su qualche decina di migliaia di bambini che iniziano a praticare uno sport, solo uno diventerà da adulto un campione professionista.

LE SQUADRE DELLA FOOTBALL ACQUAVIVA

  • Prima Squadra (Campionato di Promozione)

Settore Giovanile:

  • Juniores Under19 (Campionato Regionale)
  • Allievi Under 17 (Campionato Regionale)
  • Giovanissimi Under17 (Campionato Regionale)

Attività di Base:

  • Esordienti (2009/2010)
  • Pulcini (2011/2012)
  • Primi Calci (2013/2014)
  • Piccoli Amici (2015/2016)